martedì 3 maggio 2016

Nuovi limiti al pignoramento di stipendi e pensioni accreditati su conto corrente

Come per le pensioni, anche per gli stipendi sono entrate in vigore, a partire dal 2015, nuove regole in materia di pignoramento: le regole cambiano integralmente il modo con cui il creditore può bloccare il conto corrente bancario o postale del debitore.
Si parla della riforma (1) che trova applicazione a tutte le procedure esecutive avviate a partire dal 27 giugno 2015; per quelle anteriori si continuano ad applicare le vecchie regole.

Le REGOLE precedenti alla riforma:
La legge prevedeva una diversa regolamentazione dei pignoramenti dello stipendio a seconda che il creditore avesse inteso notificare l’atto di avvio della procedura (ossia l’atto di pignoramento):
– alla banca dove il lavoratore aveva depositato lo stipendio,
– o, invece, direttamente all’azienda prima che il datore di lavoro procedesse all’accredito dello stipendio sul conto.
Analizziamo singolarmente le due ipotesi.

a- Il pignoramento del conto corrente poteva riguardare tutte le somme ivi già depositate dal dipendente (salvo l’ultimo emolumento che, dal 2013, non era più pignorabile), e ricomprendeva anche quelle che sarebbero state depositate sino alla data dell’udienza di assegnazione, davanti al giudice dell’esecuzione (data indicata nell’atto di pignoramento). Dopo l’udienza, il conto tornava nella piena disponibilità del lavoratore, libero da vincoli.

b- Il pignoramento direttamente presso il datore di lavoro, effettuato cioè prima dell’accredito della retribuzione sul conto corrente poteva avvenire:
– nella generalità dei casi, nella misura massima di 1/5 dell’emolumento versato sul conto;
– se il creditore agisce per crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice delegato;
– per i crediti dello Stato, Province o Comuni: nel limite di 1/5;
– per il pignoramento in concorso di più cause creditorie (alimenti, tributi, altre cause) fino alla metà della base pignorabile.

Le REGOLE dopo la riforma
Per le procedure esecutive iniziate dal 27 giugno 2015, le somme dovute a titolo di stipendio, salario e altre indennità relative al rapporto di lavoro (per esempio il TFR), comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al lavoratore-debitore, possono essere pignorate entro limiti diversi a seconda che siano state depositate in banca o meno. Si ripropone, dunque, la stessa bipartizione che avveniva in precedenza, ma con nuovi vincoli. Eccoli qui di seguito.

1 | Pignoramento dello stipendio accreditato sul conto corrente

– se l’accredito dello stipendio avviene prima del pignoramento, il creditore può pignorare solo l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale che, almeno per il 2015, è pari a € 448,52. Ne deriva che la somma di euro 1.345,56 è intoccabile (ossia 448,52 x 3).

Per esempio: se la retribuzione ammonta a € 2.000, potrà essere pignorata la parte di retribuzione che eccede 1.345,56 cioè € 654,44; se invece la retribuzione ammonta a € 1.300, essa non può essere oggetto di pignoramento.
– per tutte le mensilità di stipendio accreditate sul c/c nel giorno del pignoramento o successivamente, il creditore può prelevare dal conto gli importi secondo i vecchi limiti prima concessi nel caso di pignoramento presso il datore di lavoro e che qui riassumiamo:
a- nella generalità dei casi, nella misura massima di 1/5 dell’emolumento versato sul conto;
b- se il creditore agisce per crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice delegato;
c- per i crediti dello Stato, Province o Comuni: nel limite di 1/5;
d- per il pignoramento in concorso di più cause creditorie (alimenti, tributi, altre cause) fino alla metà della base pignorabile.

2 | Pignoramento dello stipendio ancora presso il datore di lavoro
– se l’accredito dello stipendio avviene alla data del pignoramento o successivamente, il creditore può pignorare secondo le vecchie regole ossia:
– nella generalità dei casi, nella misura massima di 1/5 dell’emolumento versato sul conto;
– se il creditore agisce per crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice delegato;
– per i crediti dello Stato, Province o Comuni: nel limite di 1/5;
– per il pignoramento in concorso di più cause creditorie (alimenti, tributi, altre cause) fino alla metà della base pignorabile.
Il pignoramento eseguito su tali somme in violazione dei limiti è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.
[1] Art. 13, c. 1 lett. l), DL 83/2015 conv. in L. 132/2015 con modifica dell’art. 545, co. 7, 8 e 9, cod. proc. civ.