mercoledì 20 luglio 2016

Corte UE diritto alle ferie retribuite in caso di licenziamento


La sentenza C-178/2015 della Corte dell'Unione Europea ha stabilito che il dipendente dimissionario ha diritto a un pari rimborso per i giorni non usufruiti. Il caso partito da Vienna 


Sono almeno quattro, le settimane di ferie annuali retribuite costituiscono «un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione europea». Partendo da questo presupposto fondamentale, la Corte europea di giustizia di Lussemburgo ha stabilito che, anche nel caso in cui, il rapporto di lavoro cessa per scelta volontaria e la fruizione delle ferie non sia più possibile, si deve ottenere il pagamento. In questo modo si evita che il dipendente “non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria”. 

Il caso è stato portato davanti ai giudici del Kirchberg dall’austriaco Hans Maschek, dipendente pubblico della città di Vienna, che non ha potuto godersi le ferie a causa di una malattia subita nel periodo precedente all’accogliemento della sua domanda di essere pensionato. La Corte di Lussemburgo ha accolto il suo ricorso e ha ribadito che i principi fondamentali del diritto alle ferie retribuite per sospendere il lavoro e beneficiare del necessario periodo di relax e svago - deve essere rispettato “indipendentemente dallo stato di salute”. 
Non sono nemmeno possibili legislazioni nazionali, come quella introdotta dalla città austriaca, che ridimensionano quanto stabilito dalla normativa comunitaria. Secondo gli eurogiudici, è possibile invece stabilire a livello nazionale delle condizioni migliorative per i lavoratori, come aumentare il periodo minimo di ferie retribuite annuali oltre il minimo delle quattro settimane.

mercoledì 1 giugno 2016

Esiste un diritto di essere felici

In alcune Costituzioni e anche nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti, il concetto di felicità assume valore, fino ad essere sancito tra i propri principi.


Nella Costituzione italiana il “pieno sviluppo della persona umana” è un valore sancito dall'art. 3. La realizzazione sul piano oggettivo della persona umana, della propria essenza, vale a dire su un piano inter-soggettivo visibile e condivisibile da tutti, è intesa come identica sul piano soggettivo alla felicità del singolo (come sosteneva il filosofo Socrate).
Il diritto alla felicità, la privacy ed il correlato diritto all'identità personale (sancito tra i diritti inviolabili ex art. 2 Cost., sent. Corte Cost. n. 13/1994) rappresentano quindi un rovesciamento di prospettiva nei confronti di imposizioni atte a trasferire sulla persona modelli prefabbricati. Ciascun essere umano è unico e come tale irripetibile, artefice dei suoi progetti, non standardizzabile.

La felicità trova ancora allacciamenti con la privacy, nel suo aspetto riparatore ed interlocutore. La privacy resta di fondamentale importanza per garantire la tutela della dignità della persona in ogni aspetto della vita e dunque garantire la sua felicità. 

La tutela della vita privata ha un importante compito,  permette a ciascuno di realizzare i propri sogni, di non rinunciare a qualsiasi manifestazione di felicità, di essere autori del proprio cammino. Dunque, la realizzazione dei propri sogni si pone in relazione con lo sviluppo della persona, ricercando l'equilibrio necessario alla felicità.